Il Tempietto del Clitunno, piccolo sacello a forma di tempio, è tra i sette gioielli dell’arte e dell’architettura longobarda in Italia, che riuniti in un unico seriale, sono stati di recente inseriti nella prestigiosa lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Costruito sopra una delle tante sorgenti del fiume Clitunno ricordate da Plinio il Giovane è stato oggetto di numerose interpretazioni riguardo le sue fasi costruttive.
Una prima proposta di datazione lo vede innalzato nel IV – V sec.d.C., come chiesa intitolata a S. Salvatore, dove convivono raffinato linguaggio classico e simbolismo dei primi secoli del cristianesimo. La presenza di una croce monogrammatica al centro del timpano, coerente ed integrata al resto della decorazione scolpita, ne sarebbe testimonianza.
Recenti studi, invece, hanno permesso di circoscrivere la cronologia dell’edificio all’età longobarda, con un’oscillazione tra gli inizi del VII ed il pieno VIII sec. Sempre all’VIII sec. sono attribuiti gli affreschi dell’abside raffiguranti Pantocreator, San Pietro, San Paolo, Angeli con Croce Gemmata.
Il luogo, comunque, era sacro fin dall’epoca romana. Qui la gente veniva in pellegrinaggio per ascoltare l’oracolo, compreso l’imperatore Caligola. Dal I secolo avanti Cristo, il primo maggio, si celebravano ogni anno le feste in onore di Jupiter Clitumnalis dette anche “clitunnali” dove i giovani romani si cimentavano a far risalire le barche controcorrente ed altri giochi. Secondo Publio Virgilio Marone qui “si allevano le bianche greggi e i tori destinati al sacrificio, che aspersi delle sue acque, accompagnavano i trionfi romani ai templi degli dei”.
Edificio
Il monumento presenta almeno due fasi costruttive ravvicinate. In origine doveva trattarsi di un vano unico coperto da volta a botte, corrispondente alla cella dell’attuale costruzione. Sulla parete ovest si apriva una porta sormontata da una cornice di spolio in stile ionico. Cinque finestre centinate si impostavano lungo i muri laterali, mentre una esigua terrazza assicurava l’accesso all’aula.
Successivamente la terrazza venne ampliata per realizzare il vestibolo e furono costruiti due portici laterali, costituiti da un alto podio con zoccolo e cornice, un’apertura al centro del podio, un colonnato corinzio in antis sormontato da una trabeazione ionica e soprastante frontone, il quale cela lo stupendo timpano scolpito a bassorilievo con volute racemate e fogliate che incorniciano la centrale croce latina. L’accesso alla terrazza avveniva per mezzo di due scalinate laterali con protiri, in origine precedute da un proprio pronao, che venne demolito nel XVIII sec.per riutilizzarne i blocchi. A questa seconda fase va anche attribuita la costruzione dell’abside che comportò la demolizione dell’originaria parete di fondo e la costruzione della nuova con l’aggetto dell’abside e l’apposizione di un frontone iconograficamente vicino a quello che sormonta la facciata.
Sull’architrave si trovano, rispettivamente sui lati ovest, sud e nord iscrizioni riconducibili al tipo epigrafico della capitale longobarda, raro esempio di epigrafia monumentale altomedievale. Al di sotto del timpano, corre l’iscrizione dedicatoria al “Dio degli Angeli”.
All’interno della cella, circoscritta dall’abside, si apre un edicola marmorea, formata con il reimpiego di elementi scultorei di I sec.d.C. Al centro, sono presenti affreschi di VIII sec.(Pantocreator tra gli apostoli Pietro e Paolo) che hanno somiglianze con quelli di Santa Maria Antiqua in foro a Roma. Tali dipinti sono ritenuti i più antichi dell’Umbria.
(Fonte: MIBACT)
Terremoto e razzie
A seguito del terremoto del 1730 il tempietto subì notevoli danni e parte delle sue pietre razziate o vendute. Il 25 aprile 1767, a tutela dell’edificio, fu emesso dal cardinale Carlo Rezzonico un editto per impedire la spoliazione dei marmi e pietre del manufatto. Bisognerà attendere gli inizi del XX secolo (1900-1910) per le prime ricognizioni sui pezzi sparsi intorno all’edificio che consentirono la ricostruzione del passaggio laterale ad opera dell’architetto Viviani. Nel 1926 si costruirono i gradini per l’accesso alla cella.